Stanchi morti

Racconto illustrato

Era nato stanco.

Era sempre stanco.

Si alzava stanco.

Andava al lavoro stanco.

Tornava a casa stanco.

Andava a letto stanco.

Era così stanco che non riusciva a dormire.

Quella mattina seduto in Metropolitana un senso di pesante spossatezza gli aveva riempito la testa. Pensava a come i ricordi l’avevano sopraffatto e

gli occhi lentamente si chiusero. I ricordi scorrevano nella sua mente come un treno dell’alta velocità. Si abbandonò a uno di quei pisolini che si può

godere solo se cullati dal dondolio meccanico di un treno in movimento.

Morì per stanchezza e nessuno se ne accorse.

L’addetto alle pulizie entrò nella carrozza della Metropolitana ferma in deposito e vide quell’uomo minuto seduto comodamente, sembrava dormire

con una faccia serena amica dell’universo.

Nella sepoltura “riposava in pace”. Nel fresco silenzio della terra conseguì un sonno profondo e ristoratore.

Russava, russava forte, sembrava che là sotto ci fosse un orso.

Gli altri cari estinti, ospiti del campo santo, disturbati dai bramiti del nato stanco trasalirono dal riposo eterno e si destarono.

Non riuscivano più a prendere sonno, si agitavano, sbuffavano, si giravano ma il sonno si era allontanato.

Non sapevano come fare, ancora non esistevano sonniferi efficaci per i cari estinti.

Ecco che il nato stanco se la dormiva alla grande mentre gli altri erano svegli e stanchi morti.

Il custode del Campo Santo, sbadigliando, si chiedeva come mai fosse così stanco, da non riuscire a dormire la notte.

Scusate, finisco qui … mi sento stanco.

In breve:

L.A.M.