Il viaggio

Il viaggio

-Racconto illustrato-

(con A.I. e tecnologie chat-GPT4 DALL-E 3.0)

,Non si sa più quanto tempo fa, in un piccolo villaggio in riva al mare, viveva un vecchio pescatore che, da quel paesello, non si allontanò mai. La mattina presto, prima dell'alba, calava in mare la sua barchetta a remi e si allontanava lentamente dalla banchina del porticciolo per andare a gettare le reti. Poi, con altrettanta lentezza, tirava i remi verso casa. Quindi ormeggiava la sua piccola imbarcazione di legno alla solita bitta sulla banchina e saliva fino alla locanda poco distante dal porto, dove avrebbe trovato i suoi amici d'infanzia, ormai anziani, con i quali fare le stesse discussioni di sempre: il costo delle reti, la barca da riverniciare, i remi che si rompono, la stagione non buona per la pesca, il mare sempre mosso; qualcuno si lamentava di figli e nipoti che non vedeva mai, il tutto davanti a una tazza di tè del quale, ormai, non ci si curava neanche più del sapore. Poi risaliva a casa a dare la solita spazzata ai pavimenti, a fare il bucato, ad accendere i tizzoni per stirare la biancheria pulita, ancora stesa all'unico filo davanti alla finestra, solamente una camicia, un paio di calzoni e l'intimo di una giornata di lavoro: tant'era contenuto dal suo armadio, oltre a un vestito per un giorno di festa, il matrimonio, che non arrivò mai e non sapeva se gli andasse ancora bene. A lui era sempre sembrato un po' più grande della sua taglia, ora più minuta; anche i pantaloni, a guardarli appesi alla gruccia, gli sembravano essersi allungati. "Un giorno lo proverò", diceva ogni volta che, aprendo l'armadio, se lo trovava di fronte; ma quel giorno non arrivava mai. Finite le misere faccende, consumava il suo pasto frugale seduto all'unica finestra del suo minuscolo alloggetto; il più delle volte si trattava di una pagnotta con un pezzo di formaggio che aveva acquistato andando alla locanda, appena tornato dall'aver posato le reti. Non si rimetteva a letto, anche se il sonno gli chiudeva le palpebre: sapeva che sarebbe stato pericoloso addormentarsi profondamente, perché doveva andare a recuperare le reti prima dell'imbrunire. Con la sua barchetta non era certo il caso di uscire in mare aperto a notte fatta, con una sola lanterna. Così anche la sua siesta pomeridiana veniva consumata al davanzale della finestra. Certe volte era così stanco che riusciva comunque a sprofondare in quel sonno che regala sogni e qualche evasione, ma al risveglio non se li ricordava più, tanto da essersi convinto di non sognare da parecchi anni ormai. Appena prima del tramonto, ritirava i panni stesi dell'ultimo bucato, chiudeva la finestra, lasciando un'anta spalancata; lasciava anche la luce accesa, così, nel caso qualcuno pensasse che in quella casa non ci fosse più nessuno e cercasse di occuparla, o un ospite inatteso cercasse di lui, e scendeva al molo, raccoglieva i remi che tirava con le braccia doloranti in direzione delle reti, cercando di risparmiarsi un po' per la fatica che lo attendeva del tirarle a bordo. Mentre remava, sovente pensava a quante remate avesse mai dato nella sua vita, a quante onde si erano infrante contro la sua prua, non una uguale all'altra e si chiedeva perché il buon Dio gli avesse riservato una vita fatta solo di fatiche e di miseria. Aveva perso i genitori che era ancora ragazzo, prima il padre in un naufragio e poi la madre di tisi ed era cresciuto con uno zio burbero e disilluso che, però, aveva fatto di lui un perfetto marinaio; gli aveva insegnato i segreti del mare, come legare una lenza, come cucire una rete bucata, come riconoscere i venti e l'arrivo della burrasca. Ma lui si sentiva il capitano di una barchetta fatta col guscio di una noce, senza importanza, senza ricoprire uno spazio sociale, senza nessuno da amare e, a memoria sua, che lo avesse mai amato. 

Arrivato al luogo in cui avrebbe recuperato le reti, tirava a bordo i remi, si sedeva sulla panca centrale, afferrava la boa con l'arpione e cominciava l'ultima fatica della giornata, pregando San Pietro che le reti non fossero di nuovo vuote o rotte o impigliate in qualche albero sommerso portato dalle piene del fiume vicino: lui non poteva certo permettersi un peschereccio a motore e non avrebbe mai potuto allontanarsi di più con la sua attrezzatura. Le raccoglieva metodicamente, ripulendole dai gusci e dai ciuffi di alghe rimasti impigliati, piegandole ai suoi piedi con lo stesso fare metodico di sempre, come se piegasse un paracadute, perché alla prossima pescata non rimanessero annodate tra di loro. Era un rituale che si era ripetuto tutti i giorni di tutti i mesi negli ultimi sessant'anni della sua vita e, ogni sera, ne poteva sempre meno. Guardava il pescato del giorno e tutte le volte gli pareva essere sempre meno, tanto da dover scegliere, più di una volta, se usarlo per nutrirsi o se provare a venderlo per comprarsi almeno il necessario per vivere e vestirsi e per un bicchiere di vino, la sera, alla locanda. Ma viveva in un paesello di pescatori del quale non aveva mai varcato i confini e difficilmente sarebbe riuscito a venderlo fresco la sera stessa. Così lo essiccava col sole e il sale e lo vendeva a molto meno del suo valore da fresco al mercato del venerdì, al quale accorreva gente di altri paesi più lontani dal mare. La sua giornata lavorativa si concludeva tirando in secca la barchetta, stendendo le reti ad asciugare, portando il pesce a casa per mondarlo e prepararlo per l'essiccazione. Poi cenava con gli avanzi del pranzo, si lavava e, se non era troppo stanco e assonnato, saliva alla locanda per quel bicchiere di vino mischiato che, però, gli rendeva meno dolorose le articolazioni e la vita stessa. Tornato a casa apriva la finestra e, se non pioveva, ci rimaneva affacciato fino ad addormentarsi; non era raro che si svegliasse ai primi chiarori dell'alba e si ritrovasse ancora appoggiato al davanzale, seduto sull'unica sedia di legno della cucina.

Una sera, mentre osservava i pochi concittadini muoversi nella piazzetta antistante il porto, immaginava di scendere in taverna per il solito bicchiere ma, al solo pensiero di dover affrontare ogni volta gli stessi visi e le stesse voci impegnate nei soliti discorsi, sentì forte il desiderio di fuggire via lontano per rifarsi una vita da zero. Avrebbe finalmente abbandonato la casa con i vetri e le ante rotte, i buchi del tetto da cui piove sul pavimento, la fatica senza quasi più ricompense per portare a casa poco pesce e neppure di pregio, che quello di pregio nuota al largo e con la sua barchetta certo non potrebbe raggiungerlo. Era stufo ed era anche stufo di non darlo a vedere. Con gli occhi lucidi, guardò intensamente verso la luna e vide qualcosa prendere forma avvicinandosi, sempre più. Quando fu abbastanza vicina, vide di cosa si trattava: era una grande nave a forma di aquila e, per quanto la luna fosse bassa all'orizzonte, tanto da causare un effetto ottico, si accorse chiaramente che la nave fluttuava sull'acqua senza toccarla: stava volando! Colmo di stupore, la vide approdare al davanzale della sua finestra, calando una biscaglina che lo invitava a salire a bordo. E così fece.

Probabilmente dormì in coperta per tutto il viaggio, perché oltre a non ricordare nulla, si svegliò di soprassalto quando la nave, arenatasi in riva a un'isola, gli diede uno scrollone. Si guardò intorno più stordito che stupito e si strofinò gli occhi per capire se fosse sveglio. Pensò che non fosse più nell'età di bere vino la sera, che forse gli stava facendo brutti scherzi, ma poi si ricordò che non aveva voluto scendere alla locanda, quella sera, ma era rimasto alla finestra di casa sua a guardare fuori. Si stupì, invece, di scoprire di essere l'unico essere vivente a bordo: nessun ufficiale, nessun mozzo, nessun nocchiero, né cuochi in cambusa. Spaventato dal pensiero di trovarsi su di un vascello fantasma, scese dalla biscaglina ancora a penzoloni a tribordo e si trovò i piedi avvolti in una nebbia appiccicosa e densa che avvolgeva anche la riva.

Il contatto dei piedi con la sabbia della spiaggia lo rincuorò malgrado, da buon marinaio, non si facesse intimidire dal mare; ma quando si rese ulteriormente conto di essere l'unico essere vivente lì intorno, si sentì svuotato da ogni certezza e ormai in preda alla paura, si incamminò velocemente verso l'anello di alberi alla fine della spiaggia e, attraversatolo, si ritrovò incredibilmente nel suo paesello, con il porto, le barche, le case, tutto come lo aveva lasciato. Si disse che era impossibile, perché doveva aver viaggiato di sicuro e chissà per quante miglia... se almeno non si fosse addormentato, pensò, si sarebbe reso conto della rotta del vascello che l'aveva ospitato. Si affrettò allora lungo le strade deserte, cercando qualcuno a cui chiedere cosa fosse accaduto; pensò che si fosse fatto molto tardi e per quel motivo per strada non ci fosse nessuno. Camminava passando sotto finestre spente e portoni spalancati, come se tutti fossero fuggiti all'improvviso. Chiamò qualche nome all'interno di qualche androne aperto, senza ricevere risposta alcuna. Era solo, non c'era che lui anche in paese. Stava riscendendo disperato verso il porto, quando alle spalle sentì uno strano fruscio, un suono profondo, come di cento bocche che soffiano aria dentro un barile. Si girò e vide che quello che pensava fosse nebbia, in realtà, aveva una forma più solida, parallelogrammi di cristallo che lo stavano seguendo, ruotando su loro stessi, emettendo quel fruscio. Si chiese ad alta voce che diavoleria fosse mai quella, e una voce proveniente dal profondo di quella moltitudine confusa e brillante gli rispose: "Siamo i tuoi pensieri, straniero. Siamo i tuoi desideri. Segui il quel sentiero e troverai la tua meta, troverai la giusta dimensione di questo strano viaggio!". Lo invitarono a seguirli, lo fece convinto che fosse vicino a capire il perché di quanto gli stava accadendo: che il buon Dio avesse ascoltato le sue lamentele e stesse per esaudirgli i desideri di una vita? Ma quando i pensieri smisero di parlargli, e la nebbia si diradò portandoli con sé, sconcertato e confuso, si trovò di nuovo solo. L'unica presenza era il vento, suo amico da sempre in mare e lo pregò, almeno lui, di non andarsene via, di non lasciarlo solo.

In preda allo sconforto, in quel momento in cui non sapeva più cosa pensare, e cosa fare, gli tornò alla mente anche il ricordo di una donna che ebbe tanto amato, in gioventù, la sola della sua vita; ma lei, già al tempo, era lontana col cuore come ora con il corpo. Lo aggredirono i ricordi di come fu il suo stare con lei, che credeva solo nelle storie facili, mentre lui non se le inventava mai, non fu in grado di amarla in modo più frivolo, più leggero, senza soffrire il loro rapporto, che finì per terminare bruscamente costringendola ad abbandonare il paesello e lui e non fare più ritorno.

Si sedette su una panchina in pietra, proprio sul molo, nei pressi dell'approdo della sua barchetta. Mise la testa tra le mani e pianse lacrime amare per un tempo indefinito, fino a esaurirle. Quando sollevò gli occhi verso la parte del paesello adiacente al porto, riconobbe la sua casa con un'anta aperta e la luce accesa.

Asciugò gli occhi con le mani tremanti, si alzò e s'incamminò verso casa sua. Salì le scale, ma si trovò davanti qualcosa di inaspettato: la casa era proprio la sua, ma era diversa. Dentro era tutto nuovo e in ordine, tutto pulito, così come l'aveva desiderata; il tetto non aveva più i buchi da cui entrava la pioggia e cadeva sul pavimento, la cucina era pulita e in ordine, i piatti lavati, l'armadio in ordine con i vestiti piegati e la biancheria profumata, le lenzuola del letto non avevano più strappi, la finestra e i vetri erano in ordine. Sentì non appartenergli affatto, quella casa; così ordinata e pulita non era la sua. Scappò fuori e tornò a sedersi sulla panchina al molo e, nel momento in cui la paura ebbe lasciato il posto alla rassegnazione, sentì la mancanza e il calore di quello che aveva lasciato indietro e desiderò sopra ogni cosa di tornare. All'improvviso aprì gli occhi e si trovò affacciato al davanzale della sua finestra col vetro rotto, seduto sulla sedia malconcia della sua cucina disordinata, con i calzoni e la camicia ancora stesi dalla sera prima e l'odore del pesce salato steso a seccare al sole, l'odore del mare che risaliva lungo il porto; era già l'alba e la gente, i suoi conoscenti di una vita, i suoi amici di adolescenza invecchiati come lui stavano per prendere il loro posto nella quotidianità di tutti i giorni, nella vita di tutti i giorni e, allora, il vecchio pescatore capì.

In breve:

L.A.M.